Mio Padre
Mio padre, Matteo Pietro, detto Pietro, secondogenito di Vincenzo e Rosa La Manna,
nacque un anno dopo Maria Gina, l'8 Maggio 1911 a Licata, dove mio nonno, vista la situazione disastrata creata dal terremoto a Messina,
si era dovuto temporaneamente trasferire.
In questo ambiente, non certo dei piú favorevoli, mio padre non si dedicò molto allo studio e, presto, fu mandato da mio nonno ad imparare il mestiere di meccanico, verso cui sembrava molto portato. Successivamente, essendo un bravo autista, fece per un po' questo lavoro presso un signorotto locale, un certo Gigi Pirandello (solo un omonimo del premio Nobel!). Mio padre ricordava divertito quando scorrazzava per la cittá, le sue giovani e maliziose figlie. Chiamato per il servizio di leva in artiglieria di campagna e congedatosi a Roma, vi rimase in cerca di lavoro e qui, ancora disoccupato,
nel 1933 conobbe mia madre, Ilda Rubini.
Era sempre alla ricerca di un lavoro quando un colonnello dell'esercito, a cui durante il servizio militare aveva fatto
da autista e da cui era molto stimato, gli offrí di entrare in Banca d'Italia, come commesso o, in alternativa, di entrare nel
corpo della Milizia della Strada. L'antica passione per i motori e per le moto in particolare, fu determinante per la scelta,
cosí i primi mesi del 1940, mio padre si trasferí, con mia madre, a Biella, prima destinazione di servizio nella Milizia della Strada.
Il suo impegno in Russia durò circa un anno, ma fu un anno fra i piú difficili della sua vita e lui stesso non riusciva
a spiegarsi come fosse riuscito a riportare a casa la pelle. Era il 1943 quando, finalmente, mio padre rientrò in Italia. La guerra, però, non era finita e presto venne l'8 Settembre, e la divisione
dell'Italia, con al Sud la Monarchia e al Nord la Repubblica Sociale. Cosí l'8 Febbraio 1944 tutta la famiglia si stabilí a Moniga del Garda, dove rimase fino alla fine della guerra, nell'Aprile del 1945, quando, con la caduta della Repubblica Sociale, fu sciolta di conseguenza la Milizia della Strada. Papá si accorse, presto, che per lui la guerra non era finita: ora doveva difendersi da altri italiani: i,cosiddetti, partigiani. Questi in piccola parte sostenevano il governo monarchico del Sud ma la grande maggioranza parteggiavano per il governo comunista dell'Unione Sovietica ed il loro obiettivo era insediare un governo comunista in Italia. Pertanto, si sentivano in dovere di fare piazza pulita di chi era o potesse diventare un oppositore ai loro programmi. Cosí anche un ex milite della strada poteva diventare oggetto delle loro "attenzioni"! Fu cosí che mia madre, per qualche giorno, si ritrovò piantonata a casa. Questi "eroi" attendevano che tornasse papá, che però visto il "movimento" inconsueto vicino casa, insospettito aveva telefonato a mia madre e ricevendo una risposta non convincente, evitò di tornare a casa per qualche giorno, trovando ospitalitá da parenti. Una volta calmatesi le acque, mio padre caricate le poche masserizie su un piccolo camioncino, acquistato allo scopo, partí con la famigliola verso Canetra, vicino Rieti. Purtroppo non fu un viaggio tranquillo perché appena fuori Milano fummo fermati da un posto di blocco partigiano e si può immaginare con quale ansia fu affrontata, da parte dei miei genitori, la perquisizione dei bagagli. Particolarmente quando in fondo ad un baule trovarono la divisa della milizia della strada, con tanto di camicia nera. Subito fu chiamato il comandante del posto di blocco, che chiese a mio padre chi fosse. Chiarito che si trattava di un ex milite della strada che rientrava a casa a seguito dello scioglimento del corpo, il comandante ordinò ai suoi di rimettere tutto a posto e lasciarci proseguire. Eravamo stati fortunati ad incontrare partigiani monarchici! Dal 1945 al 1948 la famiglia, quindi, trovò rifugio in una piccola casetta, che mia madre aveva ereditato dai nonni materni, a Canetra, poco lontano da Rieti,
a circa 100 km da Roma. Per alcuni mesi mio padre, per sbarcare il lunario, fece il guardiano notturno in un magazzino di Colle Rinaldo, un piccolo borgo a circa 8 km da Canetra,
e mio padre percorreva, ogni giorno, questa distanza a piedi.
Poi, utilizzando il vecchio camioncino, con cui eravamo arrivati da Milano, organizzò un servizio di trasporti di cose e persone, da e per Roma.
Ricordo mio padre, (io avrò avuto poco piú di tre anni) una mattina fredda d'inverno,indaffarato a far partire il motore del camioncino,riempiendo il radiatore di acqua calda e girando,
nervosamente, la manovella allora usata per la messa in moto.
In seguito, mio padre ebbe l'incarico di autista del prefetto Lino Cappellini, che da Ascoli Piceno seguimmo nelle varie successive,
destinazioni: Ancona, Bari e Brescia.
Mio padre è andato in pensione nel 1967, a 56 anni ed è morto il 22 Marzo 2000, a 89 anni. Un padre eccezionale che, con l'esempio della sua vita, mi ha indicato la strada del dovere e dell'integritá morale.
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